venerdì 18 aprile 2008

Soldi


Dinheiro, plata, argent, money, soldi...insomma il vero motore del mondo, il fine tanto cercato dai filosofi antichi, il mezzo tanto desiderato per ottenere...altro denaro.
Un real, simbolo R$, vale circa 2,6 euro ed è la moneta brasiliana. Molti credono che il Brasile sia un paese povero, un tipico stato del Sud America dove un italiano può arrivare e comprarsi quasi tutto con un pugno di euro. Sono qui per smentirvi. Oltre al cocco gelato -un cocco tagliato sul momento, bello freddo, da cui aspirare il latte con una cannuccia -, o il costo delle bevande nei bar frequentati dai giovani medio borghesi, l'impatto con l'economia locale non è delle più felici, specie se si arriva armati dell'idea di poter prendere il taxi per percorrere mezza città con pochi spiccioli o di affittare una casa con piscina per lo stesso prezzo con cui si paga un posto in singola a Bologna o Venezia!
La benzina, il liquido biondo che fa impazzire il mondo, ha un prezzo di circa 1 euro, eppure il Brasile, grazie alla sua compagnia petrolifera di bandiera, la Petrobras, è quasi autosufficiente dal punto di vista energetico. Le macchine qui a Manaus non mancano, e non sono nemmeno vecchi catorci, tipo quelli che i paesi africani comprano di seconda o terza mano dall'Europa occidentale. Se da noi ci lamentiamo di quell'obrobrio ambientale che sono i SUV (Sport Utlity Vehicle), quelle specie di jipponi da città che inquinano per due utilitarie, qui è comune vedere dei pick-up con i quali affrontare la guerra nel Viet Nam in serenità, che non oso immaginare quanto carburante possano consumare.
E poi le televisioni al plasma, i pc, gli affitti, internet, l'olio d'oliva, che il più scarso, che non sa di oliva, costa come uno di alta qualità da noi, i vestiti, insomma tutta la carrellata di merci che riempiono negozi e case. Tutte carissime, che molto spesso qui si comprano parceladas, ossia a rate, che poi magari non si riescono ad estinguere ed allora bisogna riportare tutto indietro.
Mentre il salario minimo, fissato per legge è di 380 R$ (146 euro circa), mentre dietro l'ipermercato vicino a casa, dove si può trovare il gorgonzola a 40 euro al chilo o lo champagne da 50 a bottiglia, ci sono baracche di legno affacciate su un canale dove sono state riversati così tanti veleni che hanno impregnato il suolo fino a 9 metri di profondità.
America, liberalismo, ricchezza e povertà estrema, terra di conquista e di avidità. Non appena racconto cosa sto facendo qui: sviluppare alcuni prodotti che crescono nell'area indigena Sateré-Mawé, per incamminarli nel circuito equosolidale, molti si illuminano, tutti vogliono esportare per guadagnare. Va loro a spiegare che il denaro ricavato dalla vendita di questi prodotti è anche destinato a progetti sociali, come l'educazione, la raccolta differenziata di rifiuti - che nemmeno in terra indigena, nel mezzo della foresta, mancano - o il recupero delle medicine tradizionali. Qua, più che da noi, nostante viva nel Nordest Italia, il denaro è motivo per alzarsi al mattino, per sorridere e stringere mani.
In fondo qui è la frontiera del Brasile, un'enorme estensione di terra, libera, vuota -se si escludono milioni di alberi, piante, animali, fiumi, indigeni - piena di acqua, gas, materia infinita da sfruttare, da spedire via nave o via areo verso la borghesia di Rio o San Paolo, o verso i nostri negozi in Europa.
Penso a casa, alla vecchia Italia, dove racconti che le foreste quasi non ci sono più, dove un tempo, non troppo lontano, se qualcuno diceva che ad inizio '800 si poteva percorrere tutta la costa tirrenica da Ventimiglia (Liguria) a Reggio Calabria sotto l'ombra degli alberi, anche da noi la terra era meno una scatola da impacchettare. Uno dei primi presidenti democratici del Brasile, José Sarney, dopo la dittatura militare che durò dal 1964 al 1982, di fronte alle richieste dall'Europa di preservare a tutti i costi l'Amazzonia -che in gran parte si trova nel territorio brasiliano -, rispose che il Vecchio Mondo era il meno indicato a parlare, dato che aveva costruito le sue fortune proprio sul disboscamento.
Si taglia, si brucia, si gettano sostanze chimiche per far crescere di più o per far vivere di meno, si tratta ogni cosa come fosse totalmente dominabile, si guarda ogni cosa con la lente, solo per vedere dove sta la ricchezza o la parte da distruggere. E tutto per fare soldi, che ne faranno altri e così via, in un circolo vizioso senza fine, magari senza la possibilità di goderseli, perchè non si ha tempo, ed il tempo è denaro da fare, da non perdere. Una droga mortale il cui abuso è premiato con onorificienze e con cariche istituzionali. Manipoli di drogati che guidano il mondo come una macchina a folle corsa, mentre si accaniscono contro chi si droga per cercare un senso o per uscire dal senso dominante.
Sarebbe bello fermarsi un attimo e respirare profondamente, con le tasche vuote, senza debiti e crediti. E vivere di niente o di tutto, come un giardiniere, che un giorno mi disse che fuori da qui, lontani da Manaus, nell'interno, non hai bisogno di soldi: l'acqua c'è in abbondanza, ci sono pesci, ogni tipo di frutta, tanta terra, pioggia e sole. Sarebbe bello.

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