Ebbene si miei cari e mie care, tra una settimana esatta arriverà qui a Manaus, na selva de pedra, Aurélie e cominceremo un tour diretto verso il litorale del Nordest, dove si trovano località famose come Recife, Fortaleza e Salvador, dove i nostri connazionali mantengono alto il nome dell'Italia dedicandosi alla prostituzione minorile e all'esagerazione che gli permette uno stato che dal turismo ricava un sacco di soldi.
Noi cercheremo di visitare invece luoghi più ameni di una spiagga con baracchini che sparano samba a tutto volume o peggio ancora forrò, una musica tipica del nordest ora diffusasi in tutto il Brasile, che cantava di amori e vita quotidiana, e che ora è una triste unione di liscio e note contemporanee, incentrata sulla cachaça e sul sesso.
Non vi nascondo una certa allegria nel sapere di lasciare questa città. Voi tutti sapete quanto detesti le grandi concentrazioni di esseri umani e quindi di macchine, strade asfaltate, centri commerciali, industrie, banche, inquinamento, poliziotti, ecc. che sono diventate le città nell'epca contemporanea. E se già provavo questo disagio in Europa, potete immaginarlo qui, in un paese in pieno boom economico, che sta ripercorrendo le tristi orme della nostra Italia, che negli anni '60, in preda alla stessa frenesia di denaro e sviluppo senza regole, ha distrutto il volto delle sue città più belle, condannando la vivibilità sull'altare dell'abusivismo.
Per fortuna, e per non lamentarmi sempre - cosa che mi rendo conto è tristemente tipica di noi italiani, come se fossimo la nazione più sfigata del mondo, ok che abbiamo Berlusconi e quindi chi l'ha votato.. - uscendo di qui, con poche decine di minuti di barco, si accede ad una natura senza eguali, in cui la bellezza delle immagini è tale che ogni foto sembra un quadro.
Natura che ora è bagnata quotidianamente da un sole che non lascia spazio ad una sola nuvola, un sole che ti strappa un sorriso anche non volendo. Infatti, è da poche settimane iniziata l'estate anche qui. Così chiamano il periodo in cui le piogge si fanno scarse, in cui il caldo è veramente all'altezza della latitudine in cui mi trovo: l'equatore.
Gli alberi banane, di papaya e le palme da cocco risplendono d'un verde che quasi ferisce gli occhi e già sento nostalgia per questi frutti dal sapore indescrivibile e dalle proprietà miracolose. L'unica cosa che mi consola e scaccia la saudade è il pensiero rivolto ad un buon risotto, ad un buon formaggio di capra, insomma alla cucina italiana, ad una cultura alimentare ricca di secoli e della nostra piccola ma rigogliosa biodiversità. Pensate che qui, nella terra dove è nato il pomodoro, è difficile trovarne uno che si avvicini a quelli insipidi dei nostri supermercati. Se penso solo alle varietà che coltiva mio padre in 5 metri quadri d'orto, capisco perchè il mangiare da noi è un'arte. Ma del resto, stando qui, si capisce di essere in un continente ancora grezzo, che si sta plasmando tra tanti ed enormi problemi, non ultimo quello legato agli scarti del consumo vorace a cui di dedicano tutti quelli che escono dalla povertà.
Ed è forse questa la cosa che mi ha fatto più riflettere stando qui: il Brasile è un paese che sta uscendo dalla miseria, dalla condizione di paese del "terzo mondo" e che quindi sembra di fare un tuffo nel passato. Mi sembra di vivere nell'Italia della fine degli anni '50, in un paese che smetteva d'essere terra d'emigranti per diventare una potenza industriale. Ovvio, le differenze sono molte, a volte infinite. Ma non posso smettere di pensare a questo parallelo e non posso non provare un certo disagio di fronte alla grandissima maggioranza delle persone che non si preoccupano minimamente dell'acqua che sprecano, dei sacchetti di plastica che gettano per terra, delle pile usate scagliate nei fiumi. Come facevano e come fanno ancora i nostri genitori, convinti che il Progresso sia una cosa irrevocabile e soprattutto positiva.
Altra generazione la nostra, cresciuta con Cernobyl, i pesticidi oltre i livelli consentiti, il metanolo nel vino, il trasngenico e chi chop ed estrogeni. Ma qui tutto scorre, l'allegria della gente, la pazienza disarmante di fronte a cose che a noi farebbero tirare così tante bestemmie da far cadere la cupola di S.Pietro, vanificano i miei pensieri ecologisti. Forse dovrei sbattermene anch'io, lasciare che i ritmi di questo Sud del mondo mi facciano dimenticare le brutture del mondo, dissolvermi nel meticciato. Forse, ma rimane sempre forte il dubbio che questo non sia il vero progresso. Ma d'altra parte, qui capisco che non è facile guardare il mondo con la coscienza di un europeo, cercando di adattarvi tutto ciò che s'incontra. Anche se il mondo è ormai una cosa sola, e tra l'Amazzonia e l'Italia non c'è poi così tanta distanza.
Noi cercheremo di visitare invece luoghi più ameni di una spiagga con baracchini che sparano samba a tutto volume o peggio ancora forrò, una musica tipica del nordest ora diffusasi in tutto il Brasile, che cantava di amori e vita quotidiana, e che ora è una triste unione di liscio e note contemporanee, incentrata sulla cachaça e sul sesso.
Non vi nascondo una certa allegria nel sapere di lasciare questa città. Voi tutti sapete quanto detesti le grandi concentrazioni di esseri umani e quindi di macchine, strade asfaltate, centri commerciali, industrie, banche, inquinamento, poliziotti, ecc. che sono diventate le città nell'epca contemporanea. E se già provavo questo disagio in Europa, potete immaginarlo qui, in un paese in pieno boom economico, che sta ripercorrendo le tristi orme della nostra Italia, che negli anni '60, in preda alla stessa frenesia di denaro e sviluppo senza regole, ha distrutto il volto delle sue città più belle, condannando la vivibilità sull'altare dell'abusivismo.
Per fortuna, e per non lamentarmi sempre - cosa che mi rendo conto è tristemente tipica di noi italiani, come se fossimo la nazione più sfigata del mondo, ok che abbiamo Berlusconi e quindi chi l'ha votato.. - uscendo di qui, con poche decine di minuti di barco, si accede ad una natura senza eguali, in cui la bellezza delle immagini è tale che ogni foto sembra un quadro.
Natura che ora è bagnata quotidianamente da un sole che non lascia spazio ad una sola nuvola, un sole che ti strappa un sorriso anche non volendo. Infatti, è da poche settimane iniziata l'estate anche qui. Così chiamano il periodo in cui le piogge si fanno scarse, in cui il caldo è veramente all'altezza della latitudine in cui mi trovo: l'equatore.
Gli alberi banane, di papaya e le palme da cocco risplendono d'un verde che quasi ferisce gli occhi e già sento nostalgia per questi frutti dal sapore indescrivibile e dalle proprietà miracolose. L'unica cosa che mi consola e scaccia la saudade è il pensiero rivolto ad un buon risotto, ad un buon formaggio di capra, insomma alla cucina italiana, ad una cultura alimentare ricca di secoli e della nostra piccola ma rigogliosa biodiversità. Pensate che qui, nella terra dove è nato il pomodoro, è difficile trovarne uno che si avvicini a quelli insipidi dei nostri supermercati. Se penso solo alle varietà che coltiva mio padre in 5 metri quadri d'orto, capisco perchè il mangiare da noi è un'arte. Ma del resto, stando qui, si capisce di essere in un continente ancora grezzo, che si sta plasmando tra tanti ed enormi problemi, non ultimo quello legato agli scarti del consumo vorace a cui di dedicano tutti quelli che escono dalla povertà.
Ed è forse questa la cosa che mi ha fatto più riflettere stando qui: il Brasile è un paese che sta uscendo dalla miseria, dalla condizione di paese del "terzo mondo" e che quindi sembra di fare un tuffo nel passato. Mi sembra di vivere nell'Italia della fine degli anni '50, in un paese che smetteva d'essere terra d'emigranti per diventare una potenza industriale. Ovvio, le differenze sono molte, a volte infinite. Ma non posso smettere di pensare a questo parallelo e non posso non provare un certo disagio di fronte alla grandissima maggioranza delle persone che non si preoccupano minimamente dell'acqua che sprecano, dei sacchetti di plastica che gettano per terra, delle pile usate scagliate nei fiumi. Come facevano e come fanno ancora i nostri genitori, convinti che il Progresso sia una cosa irrevocabile e soprattutto positiva.
Altra generazione la nostra, cresciuta con Cernobyl, i pesticidi oltre i livelli consentiti, il metanolo nel vino, il trasngenico e chi chop ed estrogeni. Ma qui tutto scorre, l'allegria della gente, la pazienza disarmante di fronte a cose che a noi farebbero tirare così tante bestemmie da far cadere la cupola di S.Pietro, vanificano i miei pensieri ecologisti. Forse dovrei sbattermene anch'io, lasciare che i ritmi di questo Sud del mondo mi facciano dimenticare le brutture del mondo, dissolvermi nel meticciato. Forse, ma rimane sempre forte il dubbio che questo non sia il vero progresso. Ma d'altra parte, qui capisco che non è facile guardare il mondo con la coscienza di un europeo, cercando di adattarvi tutto ciò che s'incontra. Anche se il mondo è ormai una cosa sola, e tra l'Amazzonia e l'Italia non c'è poi così tanta distanza.